di Tommaso Barbetti, partner Elemens
300 GW: è questo l’impressionante valore a cui si approssimano ormai le richieste di connessione per impianti a fonti rinnovabili in Italia. Un valore che – come notava la stessa Terna – supera di 3 volte, e con 8 anni di anticipo, l’obiettivo al 2030. Un valore che tuttavia racconta molto delle dinamiche di sviluppo in Italia, dove l’approccio difensivo di diversi operatori, indotto dall’inefficienza del permitting (chiedere 100 per autorizzare 10), alimenta un circolo vizioso fatto di saturazione virtuale, onerosissimi rinforzi di rete e STMG vendute poche ore dopo il loro ottenimento a un fattore 10 rispetto al costo del loro ottenimento.
Alcuni sostengono che solo una frazione di questi progetti ha concrete possibilità di essere “portato avanti”. In effetti, i progetti che hanno già iniziato il procedimento autorizzativo sono meno della metà degli ormai proverbiali 300 GW. Questioni di tempistiche, si dirà: prima si chiede la connessione di rete, poi si inizia il procedimento. Giusto: ma anche guardando il numero di progetti che a distanza di un anno dalla richiesta di connessione hanno avviato il procedimento autorizzativo, la distanza dai 300 GW rimane ampissima.
È dunque chiaro che la saturazione delle reti ha un carattere molto marcato di virtualità, ossia di progetti molto lontani dall’assumere tratti tangibili di concretezza. Le richieste di connessione sono certamente tante, perché forte è l’interesse del mercato sulle rinnovabili. Ma sono tante anche perché “la prudenza” degli sviluppatori porta spesso a prenotare la rete molto di più rispetto a quanto si ritiene di realizzare, partendo dallo scoraggiante assunto che gran parte della capacità in sviluppo sarà oggetto della tagliola della pubblica amministrazione. E sono tante, anche perché richiedere una connessione, specialmente in Alta Tensione, è esercizio nel complesso piuttosto economico – se lo si compara alle cifre in ballo nel settore – e con scarso impegno da parte del richiedente.
Se la saturazione è virtuale, concreti sono invece gli effetti. Chi si trovi oggi a chiedere una connessione per un nuovo progetto, quandanche il progetto sia ottimo riceve spesso soluzioni di connessione onerose e complesse – dunque difficili da autorizzare. Ciò accade paradossalmente anche quando ci si trovi in prossimità di una sottostazione libera: libera però solo in apparenza, dal momento che su quella stessa sottostazione ricadono già decine e decine di progetti, spesso effettuate con la logica di cui sopra.
È dunque urgente avviare una riflessione su questo tema, rifuggendo al contempo tentazioni dirigistiche (una sorta di selezione arbitraria dei progetti meritevoli) e atteggiamenti rassegnati (“con 300 GW, i buoi sono già usciti dal recinto”).