Di Alfredo Spalla, Quotidiano Energia
Intervista a Cosimo Latronico, assessore all’ambiente e all’energia della Regione Basilicata, che annuncia un intervento regionale sulle rinnovabili. L’idea dell’assessore: in attesa di una modifica normativa, l’equilibrio potrebbe essere raggiunto con “uno sforzo” dei player che presentano i progetti per le rinnovabili.
Lì dove non arriva (ancora) la normativa nazionale potrebbe invece arrivare la collaborazione degli operatori dell’energia. È questa la proposta lanciata dall’Assessore Cosimo Latronico sul delicato tema delle compensazioni ai territori per la presenza degli impianti Fer.
In quest’intervista, rilasciata nell’ambito di “R.E.gions2030”, l’iniziativa di Elemens e Public Affairs Advisors di cui QE è media partner, l’assessore ripercorre le “tappe politiche” della questione, le possibili soluzioni e i contenuti dell’emendamento presentato dalla Basilicata al DL Semplificazioni Pnrr, prima che l’articolo specifico fosse messo in stand-by dal Governo senza entrare nella versione definitiva. La Basilicata chiedeva di “non escludere la possibilità della Regione di assicurare prioritariamente a sé o alle proprie realtà territoriali quota dell’energia prodotta dagli impianti autorizzati ovvero di poter riservare a sé l’interlocuzione con il Gse sulle quote di energia ceduta dai soggetti autorizzati quali future compensazioni ambientali attraverso gli strumenti che potranno essere di volta in volta definiti”.
Assessore, cominciamo dalla cronistoria più recente sulla questione delle compensazioni alle Regioni
Noi abbiamo preso le mosse dal cosiddetto decreto Semplificazioni Pnrr, quando era in corso di approvazione a febbraio in Consiglio dei ministri, con aspetti che interessavano il settore energetico (la Legge di conversione del DL Pnrr è stata da poco stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ndr). L’articolo 71 prevedeva una serie di misure di semplificazione per sostenere la produzione da fonte solare. Sostanzialmente si allargavano i processi semplificati per gli impianti fino a 50 MW a patto che i promotori delle iniziative si impegnassero con il Gse, per un periodo di almeno 15 anni, a cedere l’energia prodotta dagli impianti medesimi. Si puntava ad alzare la fascia della semplificazione, ponendo una condizione per la Procedura abilitativa semplificata (Pas). Noi abbiamo preso nota di questo articolato e lo abbiamo portato all’attenzione della Conferenza Unificata, presentando il 10 febbraio una proposta emendativa in cui davamo il via libera purché una quota di energia restasse in capo alle Regioni dove c’è la produzione. La valutazione l’avrebbe fatta poi il ministero, costituendo un “Fondo energia” per i territori che compartecipavano a questo sforzo.
A questo atto formale ha fatto seguito una nota che ho personalmente consegnato al ministro Pichetto Fratin. Mi ha risposto che il ministero sta ragionando per capire come si può mettere in atto, che la cosa gli sembrava utile. Poi però l’articolo in questione è stato stralciato dal Governo e nel frattempo si è aperto il dibattito con gli interventi di Sicilia e Calabria. Infine, noi abbiamo ricordato che avevamo posto il tema da febbraio con un atto in sede di Conferenza.
Dopo questo dibattito vi siete organizzati con le altre Regioni per creare un fronte?
In realtà non c’è stata ancora l’occasione, siamo fermi alle posizioni pubbliche. Mi riprometto però nella prossima commissione congiunta di rilanciare il tema. È nell’interesse di tutti che i territori non siano solo luoghi di produzione. Mi sembra legittimo che una quota aiuti il sistema produttivo regionale.
Come avverrebbe tecnicamente la compensazione?
Noi ci siamo limitati a proporre una norma di principio. Il quantum è ovviamente affidato alla responsabilità del ministro, che lo stabilirà attraverso la parametrazione e gli atti amministrativi conseguenti.
E dal Mase siete stati contattati dopo il primo incontro?
No, ma c’è stato un dialogo che è ancora in corso. Il ministro ha preso atto e ne abbiamo riparlato in occasione di un’iniziativa a Matera. Però devo dire che abbiamo aperto un confronto anche con i player presenti sul territorio. Oltre al piano di scopo locale, che le società sono obbligate a fare per legge, abbiamo stimolato gli operatori che presentano le richieste di autorizzazione su scala regionale di sforzarsi per fare qualche proposta che vada oltre.
Quindi volete coinvolgere gli operatori?
Abbiamo chiesto di realizzare qualche buona pratica, che sicuramente non è obbligata ma non è neanche negata. Se, per esempio, Edison viene e fa un investimento di 500 milioni di euro, potrebbe anche decidere che una quota dell’energia prodotta sarà messa a disposizione del sistema. Qui non mancano i player nazionali e internazionali con investimenti significativi. L’idea è di una compensazione, come hanno fatto le concessionarie del fossile.
Nel complesso, le sembra che la Basilicata sia sulla strada giusta sulle rinnovabili?
Ad oggi, con gli impianti in esercizio, produciamo più di quello che è il fabbisogno teorico della Regione. Gli obiettivi noi li avremmo già raggiunti. Produciamo 3.700 GWh all’anno e il fabbisogno della Regione è 3.500 GWh.
La Basilicata dovrebbe accelerare sulle Fer per diventare un’eccellenza o rallentare il ritmo?
È difficile dirlo, perché è una materia sui c’è una potestà concorrente. È evidente però che, per le parti di sua competenza, la Giunta valuta anche la sostenibilità ambientale delle cose. Ci sono molti progetti che viaggiano da Roma a Potenza. Sì all’energia, però ci dev’essere un giusto equilibrio tra territori, impianti, energia e sviluppo.