Di Romina Maurizi e Carlo Maciocco, Quotidiano Energia
Le semplificazioni e il ruolo dei territori. Le criticità del Dpcm sulle infrastrutture strategiche. Il capacity market e il gas. I fondi per le Cer. Intervista ad Anita Pili, assessore Sardegna e coordinatrice energia Regioni
Le semplificazioni degli iter autorizzativi volute dal Governo per spingere la realizzazione di nuova capacità rinnovabile hanno provocato uno “stravolgimento” delle procedure con “una grande quantità di incertezze applicative che potrebbero non più accelerare, quanto invece bloccare interi progetti di investimento”. È il giudizio di Anita Pili, assessore all’Industria Regione Sardegna e coordinatrice della commissione Energia della Conferenza delle Regioni, che in un’intervista rilasciata a Quotidiano Energia nell’ambito di R.E.gions 2030 – l’iniziativa di Elemens e Public Affairs Advisors con QE media partner – si sofferma anche sul Dpcm relativo alle infrastrutture strategiche per l’isola, sul capacity market, sull’eolico offshore e sulle comunità energetiche, oggetto di una recente polemica.
È appena entrata in vigore la legge di conversione del DL Aiuti che contiene anche nuove semplificazioni sulle Fer. Sul punto la Conferenza delle Regioni ha osservato che “le Regioni sempre più spesso vengono relegate a mere osservatrici di quanto il Governo nazionale decide per i territori” chiedendo un’inversione di tendenza da parte dell’Esecutivo in materia energetica. Quali le principali criticità degli ultimi provvedimenti?
È chiaro ed evidente che le Regioni e le Provincie Autonome apprezzano l’inteso sforzo normativo del Governo nazionale in materia energetica e, più in generale, condividono l’estensione del sistema di aiuti legato al caro energia. Tuttavia, nella spinta alla produzione da rinnovabili, si tende a restringere il perimetro decisionale strategico in capo alle Regioni.In particolare, nel processo di semplificazione autorizzativa vengono alleggerite e superate alcune disposizioni ambientali (Aia e Via) per la gestione della emergenza contingente, che viceversa nella “normalità” sarebbe opportuno non diventassero regole stabili del sistema. Lo stravolgimento delle procedure porta con sé una grande quantità di incertezze applicative che potrebbero non più accelerare, quanto invece bloccare interi progetti di investimento. Anche e soprattutto perché in alcune innovazioni procedurali non è chiaro il ruolo della amministrazione regionale. Nel decreto non è nominata l’intesa regionale (è però nominato l’articolo 46 del DL 1° ottobre 2007 che la prevedeva): è fondamentale chiarire che nella procedura deve rimanere l’intesa regionale, anche ai fini della costituzionalità della norma. Con questo decreto il Governo nazionale cambia il perimetro decisionale delle Regioni in materia di aree idonee. Con la nuova versione, che supera il 199/2021, si allargano le aree destinate ad accogliere impianti ad energia rinnovabile, con una disposizione immediatamente applicabile. Nello specifico, si stabilisce che è tutto idoneo fuorché le aree tutelate e una fascia di rispetto intorno alle stesse. Relegando perciò alle Regioni il solo compito di dire quali sono le aree non idonee. È chiaro che un’impostazione di questo tipo scardina le precedenti considerazioni delle Regioni, ad esempio sul privilegiare, nelle aree agricole, le aree non coltivate e/o coltivabili. Infine, il decreto presuppone che il Cdm deliberi su eventuali controversie in materia di Fer senza i presidenti delle Regioni oppure con la loro presenza ma senza diritto di voto. Una tale disposizione, oltre che incostituzionale (governo del territorio ed energia sono materie di competenza anche regionale) è immotivata.
L’Arera ha affidato a Snam e Terna il compito di delineare scenari congiunti sulla domanda di elettricità e gas della Sardegna nell’ambito dell’applicazione del Dpcm del 31 maggio sulle infrastrutture strategiche per la decarbonizzazione dell’isola (che la Regione ha annunciato di voler impugnare). Tali scenari possono essere la base anche per la programmazione dello sviluppo delle rinnovabili sarde?
Il Dpcm risolve in quota parte le esigenze energetiche della Sardegna, il decreto avrà bisogno di modifiche e integrazioni successive per consentire davvero alla nostra Regione di affrontare in maniera sfidante le opportunità della transizione energetica. Attualmente i contenuti del Dpcm relegano opere strategiche, anche per il nostro territorio regionale, a mera servitù d’Italia.
Ritiene che i 500 MW di accumuli selezionati nell’ambito del capacity market 2024 siano sufficienti, unitamente al Tyrrhenian Link di Terna, per gestire la crescente produzione non programmabile delle Fer in Sardegna, senza quindi ricorrere a centrali a gas?
L’attuale dimensionamento sembrerebbe non garantire la domanda di gas dell’Isola, a copertura sia del fabbisogno per la produzione elettrica sia del fabbisogno dei clienti civili ed industriali. Considerato che in Sardegna, come nel Continente, lo sviluppo di capacità di produzione elettrica a gas è strettamente connesso alla positiva partecipazione alle aste del mercato della capacità, occorre riflettere sulle rispettive tempistiche, che oggi non appaiono adeguatamente coordinate: ad esempio, previsione di entrata in esercizio della Fsru nel Nord Sardegna, per quanto noto, a fine 2025. Assunto che il prezzo del gas approvvigionato attraverso il terminale Fsru dovrà avere un prezzo allineato a quello del Continente, appare difficile affidare eventuali ulteriori fabbisogni per la produzione elettrica a forniture ‘extra’, ad oggi completamente indefinite in quantità, prezzi e tempistiche. È bene quindi che i terminali da installare siano oggetto di ponderate valutazioni, tenendo conto di situazioni particolari, che potrebbero richiedere regimi di funzionamento più intensi alle future centrali a gas.
In Sardegna salgono le proteste a livello locale contro i numerosi progetti di parchi eolici offshore presentati al largo delle coste. Qual è la posizione della Regione?
Oggi è difficile dirsi contrari o favorevoli all’eolico in mare, così come è difficile dirsi contrari o favorevoli ai grandi impianti rinnovabili. I nuovi obiettivi europei rendono vecchio e desueto qualsiasi piano programmatorio energetico regionale. Le ultime emergenze hanno reso i target Ue molto più sfidanti per le nostre Regioni, la Sardegna certamente non vuole sottrarsi alla responsabilità di contribuire all’obiettivo di 10 GW all’anno individuati per l’Italia. Resta la contrarietà per il metodo che il Governo sta utilizzando per implementare le Fer: non può dimenticarsi la leale collaborazione istituzionale e non può venir meno ai principi sanciti dalla Carta costituzionale.
Sulle comunità energetiche è di recente scoppiata una polemica in relazione all’utilizzo dei 2,2 mld € del Pnrr: può rassicurare sul fatto che quei fondi saranno effettivamente utilizzati?
La posizione delle Regioni è stata quella di garantire al meglio la spendita delle risorse sul territorio. In Sardegna beneficeranno della misura 315 Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti per un impegno complessivo di 140 milioni di euro. Non possiamo permetterci di perdere nulla, abbiamo la responsabilità di creare tutte le condizioni che consentano alle Amministrazioni locali di utilizzare le risorse, allo scopo il ministero della Transizione ecologica ha raccomandato la gestione centralizzata del bando nazionale sulle comunità energetiche per i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti e siamo attualmente in attesa che lo stesso sia esitato dalla struttura tecnica del ministero.